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Le bellissime fotografie di Paola Mattioli ci conducono nel cuore pulsante della fabbrica e ce ne mostrano la fisicità.
Diverse generazioni, dal dopoguerra a oggi, che vivono nella stessa città, che lavorano nella stessa fabbrica, attraverso l’esperienza in una città nata intorno a una grande impresa e le sue trasformazioni, rappresentano e raccontano un frammento importante della storia sociale, economica, culturale, politica del nostro paese. E anche oltre i confini d’Italia, perché nell’era della globalizzazione i processi mondiali, come l’internazionalizzazione delle imprese, si intrecciano e proiettano gli effetti dove concretamente si vive, sul territorio. Il fascino di questo libro sta nel mettere insieme diversi strumenti di indagine, differenti veicoli per il racconto – dalle immagini alle parole – per scavare nel profondo. Le bellissime fotografie di Paola Mattioli ci conducono nel cuore pulsante della fabbrica e ce ne mostrano la fisicità, ci fanno intuire la fatica ancora oggi così necessaria alla produzione, nonostante la grande rimozione collettiva che ne teorizza la scomparsa – e forse bisognerebbe indagare sulla possibile complicità, in questa rimozione, degli stessi operai che hanno in buona parte dimenticato la loro appartenenza di classe e, abbracciato valori di puro mercato, fanno di tutto per omologarsi alle altre classi sociali. Mentre le lavoratrici e i lavoratori della Dalmine, dalle ipotesi di ricerca di Francesco Garibaldo e Emilio Rebecchi che ne hanno raccolto le testimonianze, liberamente danno corpo e intelligenza agli effetti sulle condizioni materiali, sul sentire individuale e collettivo, dei cambiamenti sul lavoro produttivo che si intrecciano con la vita personale e di comunità, sia negli elementi che restano costanti, sia nelle modifiche radicali di questi ultimi cinquant’anni. Il microcosmo della città-fabbrica è un punto di osservazione specifico e privilegiato che dà all’indagine uno spessore particolare di grande interesse politico e sindacale. Emerge così con chiarezza la funzione propulsiva dell’incontro-scontro fra l’affermarsi di un forte movimento delle lavoratrici e dei lavoratori e la proprietà, che attraversa la prima industrializzazione, il percorso delle partecipazioni statali, per approdare alla grande azienda multinazionale. I ritmi della fabbrica seguono i tempi della vita e modificano le relazioni familiari, mentre l’impegno e la partecipazione sociale scoprono terreni e motivazioni, rappresentando anche i cambiamenti culturali del nostro paese. Altra originalità di questo lavoro, l’idea di mettere in relazione due territori tanto diversi: Dalmine, zona tradizionalmente “bianca” (cattolica e moderata) e Fabbrico “rossa” (di sinistra e atea). Anche se con forme e tempi diversi, offrono lo spunto per indagare ulteriormente, attraverso differenze e similitudini, due realtà fondamentali nella storia del movimento operaio italiano.
(Dalla presentazione di Gianni Rinaldini, Segretario generale della Fiom Cgil nazionale)