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Una grande monografia con oltre 100 dipinti, 40 disegni e numerose sculture raccolte in un volume di spettacolare formato
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Una grande monografia, anche nello spettacolare formato, che riunisce circa cento dipinti, quaranta disegni, numerose sculture e opere su carta di grande formato, affiancati da una vasta documentazione fotografica, circa seicento immagini, che documenta il contesto attorno a cui è nata e si è sviluppata la sua arte.
The Keith Harig Show – catalogo dell’eccezionale esposizione curata da Gianni Mercurio e Julia Gruen (che è stata assistente personale di Keith Haring) – ripercorre la breve ma intensa attività artistica di Haring che prende forma nell’arco di una sola decade, dal 1980 al 1990, periodo nel quale Haring produsse una mole molto vasta di opere, costituita da wall drawing metropolitani, tele, disegni, sculture, oggetti e gadget, sempre caratterizzati da un segno personale ed esclusivo che lo hanno fatto identificare come uno dei grandi testimoni della sua epoca: dalle tele di grandi dimensioni (comprendenti le scenografie realizzate per la discoteca Palladium di New York, tempio della vita notturna negli anni ‘80, e la scenografia realizzata per “The Marriage of Heaven and Hell” di Roland Petit per il Ballet National de Marseille) alle famose “subway drawings”, dalle maschere “primitive” e cubiste ai grandi vasi di terracotta, dalle sculture totemiche in legno pittogrammate e quelle in metallo con i suoi omini realizzati con colori primari alle statue in gesso del David di Michelangelo o Madame Pompadour.
La monografia offre un quadro esaustivo della complessità del suo lavoro, ne evidenzia l’attualità, ma pone anche l’accento sui complessi rapporti che la sua arte ha con iconografie e tematiche dell’arte occidentale (dal Mediovevo agli anni Sessanta) e delle culture tribali africane, asiatiche e sudamericane (precolombiane in particolare). Con la sua arte, Keith Haring ha dato vita a un vero e proprio fenomeno sociale e mass-mediologico oramai legittimato in una collocazione “alta” nella storia dell’arte contemporanea. Questo aspetto significativo della sua complessa personalità viene messo a confronto con le radici culturali e i riferimenti storico-artistici europei e americani a cui l’artista ha fatto riferimento, dal primitivismo all’arte fantastica, apocalittica, pop, espressionismo astratto.
Il volume comprende i saggi dei curatori Gianni Mercurio (Keith Haring. Artista dell’istante), Julia Gruen (Senza titolo, 2005) e Demetrio Paparoni (Sulle spalle dei giganti. Keith Haring), ai quali seguono i contributi di Arturo Schwarz (Keith Haring: il diamante, l’elefante e Marcel Duchamp), David Galloway (Tracciare il confine: l’eredità grafica di Keith Haring), Tony Shafrazi (Keith Haring. Un grande artista, un vero amico), Alessandro Mendini (Per Keith Haring), Jeffrey Deitch (La sua arte è la sua vita), Peter Halley (Tra politica e mitologia), Kim Hastreiter (È davvero buffo come è andata a finire), Timothy Greenfield-Sanders (Un pomeriggio con Keith), Fernanda Pivano (Keith Haring), Elio Fiorucci (Milano, 1984) e John Gruen (Conversazione con Keith Haring).
Specifiche sezioni sono dedicate alle memorie, ai dipinti e agli oggetti, alle opere su carta, alle sculture e al concetto di “all over” caro a Haring, secondo cui “l’arte deve poter essere per tutti e dappertutto”.
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